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timenti individuali, questi modelli di uomo attico rimarran tali sino alla morte e oltre: la confezione dei
sentimenti, invasa la vita quotidiana, si imporrà anche al passo estremo. Non voi, ma le lamentatrici mi-
meranno un dolore di cui ormai siete incapaci; quanto al morto non basterà il gran passo a fargli abbando-
nare i piccoli infami piaceri cui sia restato aggrappato in vita. Gli introdurrete in bocca una moneta (prete-
sto: obolo per Caronte) e una focaccia per Cerbero. Ai ricchi aggiungerete oggetti di toeletta, armi, moni-
li.
È questa stessa massa di inabili alla scelta che si reca a dilettarsi del pornografismo spicciolo di Aristo-
fane; l'oscura relazione che corre tra l'Odio e l'Amore, quale i filosofi presocratici gli fecero appena so-
spettare, non li interessa più. Per quel che è scienza, ormai si è ridotto tutto a un sapere provvisorio; basta
conoscere a memoria il teorema di Pitagora (né vi è beota che ignori questo ottuso giochetto di triangoli) e
quanto al resto Euclide ha accettato di fondare tutto il sapere matematico su un postulato convenzionale e
indimostrabile. Ma tra poco tutti costoro, la scuola provvedendo, sapranno leggere e far di conto e non
chiederanno più nulla, .salvo forse il diritto di voto anche per le donne e i meteci. Sarà il caso di negarlo?
Con quale animo opporsi alla marea di volgarità che monta?
Fra poco tutti vorranno sapere tutto. Già Euripide ha tentato di divulgare i misteri di Eleusi. E infatti,
perché conservare ancora una zona di mistero, poiché ormai a tutti la costituzione democratica dà agio di
oziare e sull'abbaco e sull'alfa e la beta? Riferiscono i gazzettieri che tale artigiano di Mesopotamia abbia
inventato una cosiddetta "ruota ad acqua" che gira da sola (e muove una macina) per il solo impulso dello
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Corpus Hippocraticum, passim.
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Poetica, IV, 5
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Cfr. Galeno, De placitis Hippocratis et Patonis, v. cfr. Anche Plinio, Nat. Hist., XXXIV.
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scorrer di un fiume. Così anche lo schiavo addetto un tempo ai mulini avrà il tempo di occuparsi di stilo e
tavoletta di cera. Ma come disse un ortolano dei lontani paesi dell'oriente di fronte a una macchina analo-
ga: "Ho udito dire dal mio maestro: chi usa macchina è macchina delle sue opere; chi è macchina nelle
sue opere acquista cuore di macchina... Non che io conosca il vostro congegno; mi vergognerei ad usar-
lo". Commenta, citando il gustoso apologo, Zollofonte: "quale adito potrebbe mai aprire alla santità la
condizione operaia?"24. Ma l'uomo-massa non aspira alla santità; suo simbolo è il bestione dipintoci da
Senofonte, schiavo della sua sete, che si rivoltola per terra come una scimmia impazzita, gridando "Thà-
latta, thà latta". Dimenticheremo forse che la natura "fa differenti i corpi degli uomini liberi da quelli degli
schiavi" e che "gli uomini sono liberi o schiavi per diritto di natura", come in un momento di lucidità
giunse ad affermare Aristotele?25 Riusciremo ancora a sottrarci, se pure in pochi, alle occupazioni che la
cultura di massa riserva a una umanità di schiavi tentando di coinvolgervi anche l'uomo libero? All'uomo
libero non rimane che ritirarsi, se ne avrà la forza, nel proprio sdegno e nel proprio dolore. Se pure un
giorno l'industria culturale, iniziando alle lettere anche gli schiavi, non minerà alla base quest'ultimo fon-
damento di una aristocrazia dello spirito.
1963
24
•º»¹Ãõ, pag. 113.
25
Politica, I, passim.
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Lettera a mio figlio
Caro Stefano,
si avvicina il Natale e presto i negozi del centro saranno affollati di padri eccitatissimi che giocheranno
la commedia della generosità annuale  essi, che hanno atteso con gioia ipocrita quel momento in cui po-
tranno comperarsi, contrabbandandoli per i figli, i loro trenini preferiti, i teatri dei burattini, i tiri a segno
per frecce e i ping pong casalinghi. Io starò a vedere, perché quest'anno non è ancora il mio turno, tu sei
troppo piccolo, e i giocattoli Montessori non mi divertono più che tanto, forse perché non provo gusto a
metterli in bocca, anche se l'avvertenza mi comunica che non mi andranno giù. No, debbo aspettare: due,
tre, forse quattro anni. Poi verrà il mio turno, passerà la fase dell'educazione materna, tramonterà l'era del-
l'orsacchiotto e sarà il momento in cui incomincerò a plasmare io, con la dolce sacrosanta violenza della
patria potestas, la tua coscienza civile. E allora, Stefano...
Allora ti regalerò fucili. A due canne. A ripetizione. Mitra. Cannoni. Bazooka. Sciabole. Eserciti di
soldatini in assetto di guerra. Castelli con ponti levatoi. Fortini da assediare. Casamatte, polveriere, coraz-
zate, reattori. Mitragliatrici, pugnali, pistole a tamburo. Coli, Winchester, Rifles, Chassepots, novantuno,
Garand, obici, colubrine, passavolanti, archi, fionde, balestre, palle di piombo, catapulte, falariche, grana-
te, baliste, spade, picchi, ramponi, alabarde e grappini di arrembaggio; e pezzi da otto, quelli del capitano
Flint (in memoria di Long John Silver e di Ben Gun). Draghinasse, di quelle che piacevano a Don Barre-
jo, e lame di Toledo, di quelle che ci si fa il colpo delle tre pistole, da stendere secco il marchese di Mon-
telimar, o la mossa del Napoletano, con cui il barone di Sigognac fulminava il primo bravaccio che tentas-
se di rapirgli la sua Isabella; e poi azze, partigiane, misericordie, kriss, giavellotti, scimitarre e verrettoni e
bastoni animati, come quello con cui John Carradine moriva folgorato sulla terza rotaia, e chi non se ne
ricorda peggio per lui. Sciabole d'arrembaggio da far impallidire Carmaux e Van Stiller, pistole arabescate
che Sir James Brook non ebbe mai (sennò non si sarebbe dato per vinto di fronte alla sardonica ennesima
sigaretta del portoghese) ; e stiletti dalla lama triangolare, come quello con cui, mentre la giornata moriva
assai dolcemente a Clignancourt, il discepolo di Sir Williams diede morte al sicario Zampa, consumato
che ebbe il matricidio sulla vecchia e sordida Fipart; e pere d'angoscia, di quelle che furono introdotte nel-
la bocca del carceriere La Ramée mentre il duca di Beaufort, i peli ramati della barba resi più fascinosi
dalle lunghe cure di un pettine di piombo, si allontanava a cavallo pregustando le ire del Mazarino; e boc-
che da fuoco caricate a chiodaglia, da sparare coi denti fatti rossi dal betel, e fucili dal calcio di madreper-
la, da impugnare su corsieri arabi dal pelo lucido e dal garretto nervoso; archi rapidissimi, da far diventar
verde lo sceriffo di Nottingham, e coltelli da scalpo, come ne ebbe Minnehaha o (tu che sei bilingue)
Winnetou. Pistole piccole e piatte, da marsina, per i colpi da ladro gentiluomo, o luger pesantissime da
appesantir la tasca o da gonfiar l'ascella, alla Michael Shayne. E ancora fucili. Fucili, fucili da Ringo, da [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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